«Gesù Risorto PIENO DI VITA ci riempie con la sua vita, proprio perché ha fatto della sua vita un dono totale. È il pane al centro del logo, l’immagine dell’anno oratoriano. Un Pane dal Cielo che attira a sé con la forza debole del suo amore e nutre e colora di gioia il mondo intero fino a dove non sappiamo, fino a perdita d'occhio». Don Stefano Guidi, direttore della Fom, ci introduce al tema dell'anno oratoriano 2023-2024 e ci dà le prospettive su cui siamo chiamati a muoverci insieme, mettendo in pratica lo stile dell'animazione proprio dell'oratorio, avendo una cura specifica per i preadolescenti e gli adolescenti, accogliendo la dimensione della diocesanità che svilupperemo quest'anno per preparare il cammino futuro.
Don Stefano
Guidi
Direttore della Fondazione Oratori Milanesi
Il soggetto dello slogan non è l’oratorio ma Gesù Risorto, con cui abbiamo sostato in questi mesi per scoprire la bellezza della sua umanità. GESÙ È PIENO DI VITA.
Quando si comincia a seguire Gesù si intuisce qualcosa di paradossale. Come può attirarci Gesù? Uno che sceglie di presentarsi in assoluta povertà, che non cerca l’attenzione degli altri e non vuole esibirsi. Come può convincerci Gesù? Uno che parla in modo semplice, che non costruisce grandi discorsi ma racconta parabole; uno che, di fronte alle accuse, decide di rimanere muto. Come può riempirci di vita Gesù? Uno che ha disprezzato la propria vita fino a morire. Chi perde la propria vita per amore può forse riempirci di vita?
Il senso della vita secondo il vangelo corre su questa linea sottile e ci raggiunge come una scommessa radicale: «Credi tu nel Figlio dell’uomo? Se credi avrai la vita eterna!».
Tutto quello di cui parliamo e tutto quello che facciamo non è altro che il commento – o l’esplicitazione – alla scommessa radicale da cui unicamente dipende ogni possibile ragione di vita. Credi tu nel Figlio dell’uomo? Se credi, scoprirai che ne vale sempre la pena. E avrai a disposizione una riserva infinita di speranza. Se non credi, ti dovrai accontentare del premio di consolazione, che non si nega a nessuno. Non te la passerai di certo male. Ma la vita eterna è molto di più!
Fino a questo punto arriva la provocazione di Gesù, sprezzante del rischio di rimanere da solo. La domanda che ci rivolge non è «quanto hai? Quanto mi dai?» ma «quanto sei disposto a perdere per trovare la vita eterna? Accetti la scommessa?». Il giovane ricco non ha accettato. Assomiglia – quel giovane – a tanti di noi e, forse, anche a tanti bravi ragazzi e ragazze cresciuti in oratorio. Senza polemica, ovviamente.
Sappiamo a memoria i dieci comandamenti e i tempi dell’azione liturgica ma – forse – ci siamo dimenticati il brivido del vangelo. Quel brivido che corre sulla schiena, quel fremito del cuore, quell’azzardo di idea che si affaccia nella mente, quella paura e quella voglia di scegliere qualcosa di impossibile, quella voce appena percettibile da cui non sai più come nasconderti: la missione dell’oratorio è farti sentire tutto questo.
L’oratorio dovrebbe essere quel tempo e quel luogo in cui – esplicitamente e personalmente – ci raggiunge la pericolosissima provocazione di Gesù: «Quanto sei disposto a perdere? Accetti la scommessa?». Se sapessero… i genitori più avveduti eviterebbero di mandarci i loro figli. Altro che parcheggio!
L’oratorio è un luogo altamente pericoloso e rischioso. Soprattutto per quelli che pensano che la vita aumenti per eccesso, per riuscita, per ottimizzazione individuale. Lo ripeto ai genitori: non è un parco giochi custodito e innocuo. La sua missione è sovvertire l’ordine sociale! La vita si riempie quando si perde per amore d’altri, non quando si prende per amore di sé stessi. È un messaggio pericolosissimo.
Gesù Risorto PIENO DI VITA ci riempie con la sua vita, proprio perché ha fatto della sua vita un dono totale. È il pane al centro del «logo», l’immagine dell’anno oratoriano. Un Pane dal Cielo che attira a sé con la forza debole del suo amore e nutre e colora di gioia il mondo intero fino a dove non sappiamo, fino a perdita d’occhio.
Quel pane è Gesù stesso: è Lui totalmente nell’atto di donarsi. Il dono che si rinnova nell’Eucaristia e che nell’Eucaristia ci nutre e ci rinnova. Da qui riceve vita l’oratorio. Da qui l’oratorio accoglie quella vita piena con cui desidera animare la vita di tutti, nessuno escluso. È il vortice di colori che si diffonde con la sua vivacità. Una fantasia di colori che si combinano tra loro creando sfumature inedite e inventando forme nuove. Sono i nostri 1000 oratori. Fantasia di Dio che anima e colora la nostra Chiesa ambrosiana.
In questi mesi ricorre una data importante per la storia dell’oratorio: nel 1924 l’Arcivescovo di Milano di allora, il cardinale Eugenio Tosi, esplicitò e ampliò la missione di coordinamento della FOM, dagli oratori della città di Milano all’intera diocesi. È un anniversario che vogliamo celebrare insieme, impegnandoci a riscoprire il dono originale che ogni oratorio è per l’intera diocesi.
L’Arcivescovo Mario ci invita a celebrare insieme la Messa degli oratori in Duomo a Milano il 26 gennaio 2024. Chiedo a ogni oratorio di prepararsi alla celebrazione pensando ad una foto da consegnare all’Arcivescovo in Duomo, accompagnata da un breve commento che la descriva: quella foto deve rappresentare in qualche modo il dono specifico che sente di essere per l’intera diocesi. È l’immagine che più di ogni altra rappresenta il proprio oratorio come dono per tutti. Invito ogni parrocchia a domandarsi: «Il mio oratorio che dono è per la diocesi?». Invito ogni comunità pastorale o decanato o città a domandarsi: «i nostri oratori che dono sono per la diocesi?».
L’oratorio che accoglie la vita piena di Gesù Risorto e che si pensa come dono per tutti, dedica le sue migliori energie creative a ripensare la pastorale degli adolescenti nel proprio contesto. Le preziose indicazioni offerte dalla nuova pastorale diocesana per gli adolescenti devono incontrare il nostro impegno e la nostra collaborazione. Desidero invitare tutte le comunità educanti – lo dico con fiducia ma anche con una certa preoccupazione – a riprendere e aggiornare i loro percorsi formativi. Le sfide epocali che stiamo affrontando non si possono sostenere con una superficiale revisione dei programmi e dei calendari. L’atteggiamento di ascolto e di accoglienza della vita degli adolescenti e dei giovani non è un’operazione simpatia. È una scelta di campo e di metodo. Mi preoccupa seriamente incontrare talvolta una formazione improvvisata, stentata ed episodica della comunità educante. Il compito formativo dell’oratorio viene prima di quello ricreativo e organizzativo.
Nel percorso verso la vita piena possiamo contare su tanti amici. Sono i beati e i santi. È impressionante pensare alla serie infinita di nomi e di storie che vengono citati in Duomo, ad esempio il giorno delle ordinazioni presbiterali. Gli amici di Dio ci parlano di Lui e ci invitano a diventare suoi amici. Noi siamo contenti perché in questi tempi così difficili e strani – più o meno come gli altri tempi capitati ad altri – il Signore ci ha regalato un amico: Carlo Acutis. Al beato Carlo abbiamo affidato un compito: pregare per tutti i preadolescenti dei nostri oratori. E per evitare che si dimentichi gli abbiamo appeso e acceso lì vicino una «lampadona» gigantesca. Non può non vederla. «Beato Carlo, prega per noi!». Però la stessa cosa vale per noi. La Lampada degli oratori è l’impegno che tutti gli oratori si prendono di pregare Carlo e di visitarlo. Da quest’anno pastorale, vogliamo sottolineare in modo particolare la memoria liturgica del beato Carlo Acutis del 12 ottobre, come momento di affidamento dei nostri preadolescenti alla sua preghiera. L’offerta dell’olio che alimenta la Lampada è il segno concreto dell’offerta della nostra preghiera in ogni oratorio.
Nel sorriso del beato Carlo vediamo il sorriso dei nostri ragazzi e dei nostri adolescenti. Un sorriso che non smette di incantarci e di riempirci di stupore. Davanti a loro ci leviamo le scarpe e restiamo a piedi nudi: perché sono terra santa.
La nostra passione educativa è il nostro atto di fede. Perché sappiamo bene che lo Spirito di Dio abita già le loro vite. Noi vorremmo semplicemente aiutarli a riconoscerlo. E magari – se siamo bravi – trasformare in un cammino PIENO DI VITA quel fremito del cuore e quel brivido sulla schiena per cui si domandano: «Che cos’è?». È Pane dal Cielo, PIENO DI VITA.