L’autore dello lo striscione che ha catturato l’attenzione del Pontefice al “Meazza” (“Sono musulmano e voglio la pace”) è Rami, un 17enne ospitato nella Comunità Kayròs di Vimodrone. Dalla struttura gestita da don Claudio Burgio nel 2015 erano scappati due giovani marocchini per arruolarsi nell’Isis: uno è morto in Siria, l’altro è ancora tra i jihadisti del Califfato
Lo Stadio di San Siro è gremito all’inverosimile per l’incontro del Pontefice con i cresimandi. Durante il giro del campo a bordo di un veicolo con il tettuccio scoperto, papa Francesco sorride compiaciuto e mostra il pollice all’insù in segno di approvazione. Il gesto, passato su vari Tg nazionali ed esteri, era rivolto a uno striscione con la scritta “Sono musulmano e voglio la pace”. Lo ha realizzato Rami, 17 anni, ospite della Comunità Kayròs di Vimodrone: nessuno gli ha detto o consigliato di scrivere quella frase, è stata una sua idea.
Rami ha avuto un passato difficile, ma il suo presente e soprattutto il suo futuro sono diversi: Kayròs è una comunità che aiuta minori “difficili” (giovani che arrivano dal carcere Beccaria o scontano pene alternative al riformatorio, altri ancora che hanno dipendenze o famiglie disastrate).
Storie agli antipodi: Tarik e Monsef, in Kayròs per cinque anni, nel gennaio 2015 si dileguano e scappano in Siria come aspiranti foreign fighters: dopo aver abbracciato le posizioni fanatiche e sanguinarie dell’Isis, hanno deciso di partire come volontari del Califfato. Tarik muore in Siria nel giugno 2016; Monsef invece è processato lo scorso settembre in contumacia per terrorismo internazionale. Si troverebbe ancora in Siria a combattere con le milizie del sedicente Stato islamico.
Lo striscione di Rami è il segno tangibile del lavoro svolto da don Claudio Burgio in Kayròs per far comprendere ai giovani di ogni fede quanto sia importante il dialogo tra religioni diverse e il rispetto tra le differenti civiltà: il gesto del ragazzo musulmano è l’antitesi della scelta compiuta dai due militanti della jihad.