Papa Francesco non si stanca di annunciare, con i gesti prima che con le parole, una Chiesa estroversa, instancabile nell’andare incontro a ogni donna e a ogni uomo. E l’apertura è nel Dna storico e perfino “geografico” di Milano
del cardinale Angelo SCOLA
Arcivescovo di Milano
Il Papa viene per confermarci nella fede e nell’amore. Anche Milano e le terre ambrosiane ne hanno bisogno più che mai, in questa fase di cambiamento epocale.
Una volta archiviati Gesù Cristo e la Chiesa (si sente sempre più parlare di post-cristianesimo) ci si consegna mani e piedi alla tecnoscienza, cioè a un mix di scienza e di tecnologia, convinti di potere, a suon di algoritmi, individuare la figura dell’uomo del futuro. Non dovrà più essere, come ci ha insegnato la tradizione, una persona a tutto tondo, capace di dare un senso al vivere e al morire, al gioire e al soffrire, all’amare e al lavorare, ma piuttosto, secondo l’inquietante formula del filosofo tedesco Marc Jongen, l’uomo sarà sempre più il prodotto del suo stesso esperimento.
Papa Francesco non si stanca di annunciare, con i gesti prima che con le parole, una Chiesa estroversa, instancabile nell’andare incontro a ogni donna ed ogni uomo. E l’apertura è nel Dna storico e perfino “geografico” di Milano.
Dalla sua visita mi aspetto un beneficio per tutti; per i cristiani in termini di approfondimento della sequela di Cristo e per chi ha altre fedi oppure pensa, o dice, di non credere, la scoperta della bellezza della dignità personale di ogni “altro” e della solidarietà con ogni “altro”.
E qui conta molto quello che io reputo un contenuto di fondo dell’azione del Papa: l’abolizione del criterio di esclusione, a tutti i livelli; il superamento di quella che egli chiama “cultura dello scarto”. Non c’è più né ebreo né pagano, né uomo né donna, né schiavo né libero, scriveva già San Paolo. Un principio, questo, che esprime con radicalità il Vangelo.