«Insieme possiamo intraprendere questo cammino. Assicuro la mia disponibilità e di tutta la Chiesa ambrosiana. In questo “ritorno a casa” sento che Milano e la Lombardia mi stanno appassionando ogni giorno di più. Una metropoli che deve tirar fuori tutte le sue risorse, non deve lasciarne più nessuna implicita, per dare un contributo unico e originale alla famiglia umana». Giovedì 6 in un Angelicum strapieno di politici, amministratori locali, esponenti dell’associazionismo, dei giovani delle scuole di formazione socio-politica della Diocesi, il cardinale Scola ha concluso i quattro incontri di ascolto delle realtà sociali, illustrando il ruolo e la sensibilità della comunità cristiana su questi temi.
Ha concluso proprio ascoltando i politici e gli esponenti istituzionali, presentati da monsignor Eros Monti, vicario episcopale per la Vita sociale. Tutti hanno sottolineato il momento particolarmente difficile, di crisi dell’economia, ma anche delle crescenti difficoltà della politica a stare al passo con problemi epocali.
Formigoni: «Milano è simbolo di accoglienza»
A partire dal presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni (lo ha salutato con un affettuoso «caro don Angelo», si sono infatti conosciuti quando erano ragazzi): ha messo in risalto le ormbre, ma anche le luci di una presenza milanese e lombarda operosa e positiva. «Milano è simbolo di accoglienza di una moltitudine di forze esterne, sapendo fare di ogni ospite un protagonista».
Pezzotta: «Serve una buona politica»
Savino Pezzotta, deputato dell’Udc, ha sottolienato «l’inquietudine e il disagio che vivo in questi tempi. Mi rendo conto che questo clima di antipolitica è responsabilità nostra, ci siamo crogiolati nei privilegi, abbiamo preferito il comando al servizio. Abbiamo allontanato i giovani dalla politica. Ma senza fiducia in essa non si va lontano: serve una buona politica».
Pisapia: «Non alzare i muri, ma gettare ponti»
Sostanzioso l’intervento del sindaco di Milano Giuliano Pisapia, applaudito non formalmente dai suoi colleghi politici. Ha raccontanto i motivi che lo hanno spinto a candidarsi, alla necessità di superare il «forte distacco dei cittadini dalle istituzioni. Da tempo non riuscivo più a riconoscere Milano». Ha sottolineato i tanti problemi che arrivano sul suo tavolo e la sua angoscia («fatico a dormire»), ma anche il fascino di cercare di dare risposte alle povertà e alle solitudini attraverso una «buona politica», «non alzando i muri ma gettando ponti, tra laici e cattolici, tra noi e il resto del mondo». Il sindaco ha concluso con le parole di Scola sul «compromesso nobile»: «Continueremo a camminare insieme, parallelamente ma con lo stesso obiettivo del bene comune», cercando le parole «che ci uniscono, come accoglienza, responsabilità, servizio».
Podestà: «Speranza guardando al futuro»
Dal presidente della Provincia Guido Podestà è venuta una parola positiva: «Voglio parlare di Milano con speranza guardando al futuro, a partire dal buon governo delle ammistrazioni locali».
Pomodoro: «Riconsocere la dignità dell’amministrazione della giustizia»
Il presidente del Tribunale di Milano Livia Pomodoro ha sottolineato l’urgenza di fare sistema tra le istituzioni e ha rivendicato la necessità di «riconoscere la dignità dell’amministrazione della giustizia oggi messa in discussione. Il diritto resti comunque la regola di una buona convivenza accettata e condivisa».
Francesca De Nicolais ha portato il saluto delle centinaia di giovani che in questi anni stanno frequentando le scuole diocesane di formazione a una buona politica.
«La Chiesa non può e non deve prendere nelle sue mani la battaglia politica»
La parola è poi passata all’Arcivescovo, che ha esordito precisando una questione fondamentale: «Riprendo un dato dalla Caritas in veritate che funge da premessa al quale intendo rigorosamente attenermi con i miei collaboratori: “La Chiesa non può e non deve prendere nelle sue mani la battaglia politica per realizzare la società più giusta possibile. Non può e non deve mettersi al posto dello Stato”. La ragion d’essere della Chiesa è fondamentalmente una sola: lasciar trasparire sul suo volto la bellezza di Gesù Cristo, luce delle genti».
Dunque, camminare insieme, ma tenendo ben distinti i due ambiti della politica e dell’impegno ecclesiale. «Questo spinge la Chiesa a rischiare, nel rispetto della radicale distinzione, la sua cura per l’umano: non invade il campo specifico dei dinamismi concreti delle diverse espressioni della vita civile e in modo particolare delle istituzioni».
«La proposizione del volto positivo dell’umano»
E annucia lo stile che caratterizzerà il suo episcopato: «Il taglio del nostro intervento sarà sempre legato alla proposizione del volto positivo dell’umano. Questa posizione mi sembra fonte di libertà per la Chiesa e per ogni soggetto che abita una società civile plurale come la nostra».
Scola ha sottolineato «il filo rosso di tutti gli interventi: l’emergere delle parole sfiducia, disagio, distacco, fatica. Questo è del tutto comprensibile in un’epoca di travaglio come la nostra: siamo entrati dopo la caduta dei muri in un mondo che ha assunto a vari livelli un’urgenza di cambiamento. Si sono imposti fenomeni talmente complessi e radicali, nel campo delle scienze, del mescolamento dei popoli, dell’economia».
Per questo è necessaria una buona politica: «L’arte del governo è la più delicata dell’umano convivere, perché i politici allo stesso tempo devono essere capaci di farsi carico del volto di ciascuno dei cittadini amministrati e per forza di cose tentare soluzioni pratiche comuni».
«Insieme e coesione: rispettare la natura plurale della nostra società»
Ma non ci si può fermare di fronte ai problemi. La strada è chiara per il Cardinale: «Insieme e coesione: non c’è una strada alternativa a questa. Questo “noi” deve sapere rispettare la natura plurale della nostra società. Non c’è da avere timore di questo dato, questo fa parte di un’evoluzione storica. Ogni uomo a qualunque religione, cultura, nazionalità, censo appartenga, conviene con tutti gli altri uomini nell’esperienza comune e quotidiana nella vita degli affetti, del lavoro, del riposo, del tentativo di costruire insieme una vita buona attraverso pratiche virtuose».
Ha ribadito che chi assume cariche «in quel momento la sua appartenenza partitica non può non andare in subordine rispetto al compito istituzionale», e che da sempre «la Chiesa si dichiara disponibile all’ossequio e all’obbedienza all’autorità istituita da qualunque parte provenga, nel rispetto della legge, purchè non travalichi, non vada nella direzione di leggi non giuste».
«La società civile va assolutamente custodita»
Ferma e chiara è stata la sua difesa della società civile: «Sono molto contrario verso quelli che attaccano il concetto di società civile per difendersi dall’antipolitica – ha detto Scola – è un errore gravissimo e una miopia storica, perchè non esiste al mondo un Paese con una società civile così ricca come l’Italia. Toglie l’ultimo spazio di potere al cittadino. La società civile va assolutamente custodita».
«Dobbiamo rifiutare opposti radicalismi»
Di fronte a una politica litigiosa, da “curva sud”, l’Arcivescovo ha sollecitato ad andare oltre: «Dobbiamo rifiutare opposti radicalismi, uno degli inconvenienti accentuati dal male oscuro della crisi, guai a cadere in questo rischio. Bisogna sempre cercare di ascoltare e di cogliere la ragione dell’altro anche quando questa si manifestasse in modo puramente reattivo. Bisogna interpretare le paure».
«La Milano illuminata, operosa e ospitale»
E in conclusione uno sguardo specifico alla metropoli: «La Milano che ho definito illuminata, operosa e ospitale ha una vocazione di traino indiscussa. Penso a cosa ha voluto dire Milano per la storia del movimento operaio e di quello cattolico. La storia non è cominciata nell’89, dobbiamo ritornare alla storia almeno dal ‘45 in avanti». Un passaggio sottolineato con un forte applauso. «La Milano illuminata, operosa e ospitale, è nata così terra di mezzo, crocevia, luogo degli incontri, di gente che va accolta nell’equilibrio, nella legalità, però nella magnanimità».
«Salutando il sindaco – ha concluso il Cardinale – ho detto che ognuno porterà fuori la propria faccia, potrà dire cose che l’altro non condivide. Cercheremo la strada di un paragone. Dal punto di vista della visione cristiana ci sono principi irrinunciabili, tuttavia discuteremo su tutto. Anche perché nessuno si permetterà di violare il principio dell’obiezione di coscienza, che è la garanzia ultima della nostra libertà personale».
Questo tratto di ascolto si è così concluso: «Mi sento ben avviato» le parole finali dell’Arcivescovo.