Sono trascorsi 1650 anni da quando Ambrogio diventò vescovo di Milano. La sua ordinazione, infatti, avvenne il 7 dicembre del 374. La data la si ricava con certezza da un’omelia da lui stesso tenuta 11 anni più tardi, in cui affettuosamente diceva ai milanesi che quello era il «giorno natalizio» del suo episcopato: «Infatti sembra quasi che ogni anno l’episcopato ricominci daccapo, quando si rinnova la stagione del tempo… Voi siete per me come i genitori, perché mi avete dato l’episcopato. Uno per uno, figli; tutti insieme, genitori».
E tutto il popolo sembra davvero partecipare alla consacrazione del loro nuovo vescovo, in un bellissimo capolettera del prezioso Messale di Gian Galeazzo Visconti, miniato da Anovelo da Imbonate nel 1395 e tesoro della Biblioteca capitolare di Sant’Ambrogio.
Una volta compreso che sottrarsi all’acclamazione popolare era impossibile, Ambrogio aveva accettato il suo destino – o, come dice il suo segretario Paolino: «la volontà di Dio nei suoi confronti» – e aveva chiesto di essere battezzato da un vescovo niceno. Già una scelta di campo, per far capire subito qual era la sua fede, quale sarebbe stato il suo magistero.
Il 30 novembre 374 Ambrogio fu battezzato e otto giorni più tardi, avendo «esercitato tutti i ministeri ecclesiastici», come sottolinea prudentemente il biografo, ben sapendo che si sta comunque parlando di un neofita, «fu ordinato vescovo con grandissimo favore e immensa gioia da parte di tutti».
A preparare il magistrato, catapultato alla guida di una diocesi, fu certamente il presbitero Simpliciano, che ad Ambrogio gli fu «padre per la grazia», amato maestro: come ci rivela Agostino, nelle Confessioni, perché lui stesso si gioverà dei consigli e dell’assistenza spirituale del sacerdote pedagogo.
Simpliciano accompagnò il catecumeno Ambrogio al battesimo, lo introdusse ai misteri dell’ordinazione sacerdotale, lo guidò alle mansioni del suo ministero episcopale. E anche in seguito fu sempre vicino ad Ambrogio, fino a essere indicato come suo successore.
Ambrogio fu vescovo di Milano per 23 anni, fino alla sua morte nel 397. Tuttavia non è mai stato «soltanto» il patrono dei milanesi, ma anche il protettore di tutti coloro che a Milano hanno vissuto e operato, il simbolo stesso di una città e di un territorio, delle sue consuetudini, delle sue tradizioni. Lui che, come altri “giganti”, ha fatto grande Milano, pur non essendo originario di Milano.