Il breve e intenso viaggio del Papa nella Repubblica Ceca, a vent’anni dalla caduta del Muro e dei regimi comunisti, è stato anche un viaggio alla ricerca e per la costruzione dell’Europa. Un’Europa che non è espressione geografica o politica, ma una “casa”, una “patria spirituale”, in cui il cristianesimo ha giocato e continua a giocare un ruolo fondamentale «per la formazione della coscienza di ogni generazione e per la promozione di un consenso etico di fondo». Queste sono le «radici cristiane», di cui tanto si è parlato e su cui Benedetto XVI rilancia. Il totalitarismo comunista ha lasciato macerie, con «la riduttiva ideologia del materialismo, la repressione della religione e l’oppressione dello spirito umano. Nel 1989, tuttavia, il mondo è stato testimone in maniera drammatica del rovesciamento di una ideologia totalitaria fallita e del trionfo dello spirito umano», ha detto incontrando gli intellettuali.
Non mancano gli interrogativi sul futuro, per cui «passato il periodo di ingerenza derivante dal totalitarismo politico, di frequente oggi nel mondo l’esercizio della ragione e la ricerca accademica sono costretti – in maniera sottile e a volte nemmeno tanto sottile – a piegarsi alle pressioni di gruppi di interesse ideologici e al richiamo di obiettivi utilitaristici a breve termine o solo pragmatici». Per questa via, però, «le nostre società non diventeranno più ragionevoli o tolleranti o duttili, ma saranno piuttosto più fragili e meno inclusive, e dovranno faticare sempre di più per riconoscere quello che è vero, nobile e buono». Si apre uno spazio di confronto, di competizione: «In questo senso la Chiesa cattolica deve comprendersi come minoranza creativa che ha un’eredità di valori che non sono cose del passato, ma sono una realtà molto viva e attuale».
Ne conseguono, per la Chiesa e i cattolici, tre compiti: il dialogo intellettuale, «il grande dialogo intellettuale, etico ed umano», l’impegno educativo, la carità. Benedetto XVI suggerisce così di approfondire il dialogo, partendo da una constatazione radicale, la separazione artificiale del Vangelo dalla vita intellettuale e pubblica e, nello stesso tempo, la domanda sulla natura della libertà conquistata. «Di qui – osserva il Papa parlando ai rappresentanti delle altre confessioni e facendo eco all’enciclica Spe salvi – dovrebbe scaturire una reciproca «autocritica dell’età moderna» e «autocritica del cristianesimo moderno», particolarmente riguardo alla «speranza che essi possono offrire all’umanità». In effetti, «sia la fede che la speranza, nell’epoca moderna, hanno subito come uno “spostamento”, perché sono state relegate sul piano privato e ultraterreno, mentre nella vita concreta e pubblica si è affermata la fiducia nel progresso scientifico ed economico». Ritorna il tema chiave del pontificato, allargare gli orizzonti, per un autentico sviluppo di civiltà. Il breve e intenso viaggio del Papa nella Repubblica Ceca, a vent’anni dalla caduta del Muro e dei regimi comunisti, è stato anche un viaggio alla ricerca e per la costruzione dell’Europa. Un’Europa che non è espressione geografica o politica, ma una “casa”, una “patria spirituale”, in cui il cristianesimo ha giocato e continua a giocare un ruolo fondamentale «per la formazione della coscienza di ogni generazione e per la promozione di un consenso etico di fondo». Queste sono le «radici cristiane», di cui tanto si è parlato e su cui Benedetto XVI rilancia. Il totalitarismo comunista ha lasciato macerie, con «la riduttiva ideologia del materialismo, la repressione della religione e l’oppressione dello spirito umano. Nel 1989, tuttavia, il mondo è stato testimone in maniera drammatica del rovesciamento di una ideologia totalitaria fallita e del trionfo dello spirito umano», ha detto incontrando gli intellettuali.Non mancano gli interrogativi sul futuro, per cui «passato il periodo di ingerenza derivante dal totalitarismo politico, di frequente oggi nel mondo l’esercizio della ragione e la ricerca accademica sono costretti – in maniera sottile e a volte nemmeno tanto sottile – a piegarsi alle pressioni di gruppi di interesse ideologici e al richiamo di obiettivi utilitaristici a breve termine o solo pragmatici». Per questa via, però, «le nostre società non diventeranno più ragionevoli o tolleranti o duttili, ma saranno piuttosto più fragili e meno inclusive, e dovranno faticare sempre di più per riconoscere quello che è vero, nobile e buono». Si apre uno spazio di confronto, di competizione: «In questo senso la Chiesa cattolica deve comprendersi come minoranza creativa che ha un’eredità di valori che non sono cose del passato, ma sono una realtà molto viva e attuale».Ne conseguono, per la Chiesa e i cattolici, tre compiti: il dialogo intellettuale, «il grande dialogo intellettuale, etico ed umano», l’impegno educativo, la carità. Benedetto XVI suggerisce così di approfondire il dialogo, partendo da una constatazione radicale, la separazione artificiale del Vangelo dalla vita intellettuale e pubblica e, nello stesso tempo, la domanda sulla natura della libertà conquistata. «Di qui – osserva il Papa parlando ai rappresentanti delle altre confessioni e facendo eco all’enciclica Spe salvi – dovrebbe scaturire una reciproca «autocritica dell’età moderna» e «autocritica del cristianesimo moderno», particolarmente riguardo alla «speranza che essi possono offrire all’umanità». In effetti, «sia la fede che la speranza, nell’epoca moderna, hanno subito come uno “spostamento”, perché sono state relegate sul piano privato e ultraterreno, mentre nella vita concreta e pubblica si è affermata la fiducia nel progresso scientifico ed economico». Ritorna il tema chiave del pontificato, allargare gli orizzonti, per un autentico sviluppo di civiltà.
Viaggio apostolico
Benedetto XVI, tra memoria e speranza
La visita del Papa nella Repubblica Ceca come contributo alla costruzione di un'Europa "patria spirituale", in cui il cristianesimo continui a giocare un ruolo fondamentale