Sabato 24 ottobre, alle 15, monsignor Luigi Manganini, arciprete del Duomo, presiederà sulla terrazza della Cattedrale un momento di preghiera comunitaria ricordando San Camillo de’ Lellis, patrono dei malati e degli operatori sanitari.
L’occasione è data dal quarantennale della posa della statua del santo su una delle guglie meridionali del Duomo, prospiciente l’antica Ca’ Granda, sede dell’Ospedale Maggiore di Milano, dove Camillo ottenne nel 1594 di introdurre nell’assistenza ospedaliera alcuni suoi religiosi infermieri. Fu il coronamento della riforma assistenziale ospedaliera da lui avviata con la costituzione dell’Ordine religioso dei “Ministri degli Infermi” (oggi meglio conosciuti col nome di Camilliani). E fino al 1613 operò egli stesso a Milano, lasciando in eredità ai suoi frati, alla vigilia della sua morte (14 luglio 1614), le “Regole per servire con ogni perfezione i poveri malati all’Ospedale Maggiore di Milano”. Il Capitolo dell’Ospedale, tanto caro a San Carlo, apprezzò subito l’opera generosa e intelligente di Camillo e dei suoi religiosi offrendo loro un contratto regolare (seppur gratuito) di lavoro. Risolvendo così l’annoso problema della mancanza di personale qualificato che fin dalla fondazione affliggeva l’Ospedale Maggiore.
A distanza di tre secoli e mezzo, il 19 ottobre 1969, grazie all’entusiasmo di un prete ambrosiano, don Giorgio Colombo, assistente diocesano dell’Uci (Unione cattolica infermieri) si realizzava un voto di riconoscenza a lungo coltivato: porre tra le guglie del Duomo di Milano la statua di San Camillo de’ Lellis perché dall’alto benedicesse quanti soffrono nella malattia e coloro che sono deputati ad assisterli. Lassù, tra le guglie del Duomo, c’è «il più grande famedio di Milano: un aereo convegno di santi, a cui la città fa salire i suoi figli e i suoi amici migliori perché vengano a parlamento con Dio e intercedano per tutti gli abitanti che laggiù, in basso, si agitano, lavorano, soffrono. Salga, dunque, in alto San Camillo sulla tomba di San Carlo, che egli personalmente conobbe e al cui dolente appello rispose mandando a Milano i suoi religiosi…». Con queste parole esordiva il cardinale Giovanni Colombo, nel pomeriggio di 40 anni fa, sollevando il velo che svelava la statua del Santo a una folla di infermiere e operatori sanitari convenuti da tutta la Lombardia sulla terrazza del Duomo per rendere omaggio al loro Patrono.
La statua, in marmo di Candoglia, è opera dello scultore Ettore Cedraschi, che ha posto i tratti caratteristici del santo nella mano benedicente, nel volto rivolto verso il basso, quasi a cercare per strada le persone da soccorrere, nella croce sul petto, identificativa dei Camilliani, che nell’intersezione dei due bracci concentra l’amore che proviene da Dio e lo allarga agli uomini che vivono nella sofferenza. «A lui guardiamo – diceva in quell’occasione il Superiore generale dei Camilliani, padre Forsenio Vezzani – non solo come a un testimone autentico della carità misericordiosa di Cristo verso i malati, ma anche come ad esempio e guida paterna nella vocazione verso il malato».
Gli operatori sanitari degli ospedali lombardi, che il 24 ottobre si ritroveranno in Duomo, volgendo lo sguardo tra le guglie renderanno omaggio anche alla generosità che tanti loro colleghi hanno profuso, 40 anni fa, nella realizzazione della statua del loro patrono. E dopo l’appuntamento in Duomo, la giornata del ricordo proseguirà con una Messa celebrata da don Giorgio Colombo alle 18 nel santuario di San Camillo (via Boscovich 25). Sabato 24 ottobre, alle 15, monsignor Luigi Manganini, arciprete del Duomo, presiederà sulla terrazza della Cattedrale un momento di preghiera comunitaria ricordando San Camillo de’ Lellis, patrono dei malati e degli operatori sanitari.L’occasione è data dal quarantennale della posa della statua del santo su una delle guglie meridionali del Duomo, prospiciente l’antica Ca’ Granda, sede dell’Ospedale Maggiore di Milano, dove Camillo ottenne nel 1594 di introdurre nell’assistenza ospedaliera alcuni suoi religiosi infermieri. Fu il coronamento della riforma assistenziale ospedaliera da lui avviata con la costituzione dell’Ordine religioso dei “Ministri degli Infermi” (oggi meglio conosciuti col nome di Camilliani). E fino al 1613 operò egli stesso a Milano, lasciando in eredità ai suoi frati, alla vigilia della sua morte (14 luglio 1614), le “Regole per servire con ogni perfezione i poveri malati all’Ospedale Maggiore di Milano”. Il Capitolo dell’Ospedale, tanto caro a San Carlo, apprezzò subito l’opera generosa e intelligente di Camillo e dei suoi religiosi offrendo loro un contratto regolare (seppur gratuito) di lavoro. Risolvendo così l’annoso problema della mancanza di personale qualificato che fin dalla fondazione affliggeva l’Ospedale Maggiore.A distanza di tre secoli e mezzo, il 19 ottobre 1969, grazie all’entusiasmo di un prete ambrosiano, don Giorgio Colombo, assistente diocesano dell’Uci (Unione cattolica infermieri) si realizzava un voto di riconoscenza a lungo coltivato: porre tra le guglie del Duomo di Milano la statua di San Camillo de’ Lellis perché dall’alto benedicesse quanti soffrono nella malattia e coloro che sono deputati ad assisterli. Lassù, tra le guglie del Duomo, c’è «il più grande famedio di Milano: un aereo convegno di santi, a cui la città fa salire i suoi figli e i suoi amici migliori perché vengano a parlamento con Dio e intercedano per tutti gli abitanti che laggiù, in basso, si agitano, lavorano, soffrono. Salga, dunque, in alto San Camillo sulla tomba di San Carlo, che egli personalmente conobbe e al cui dolente appello rispose mandando a Milano i suoi religiosi…». Con queste parole esordiva il cardinale Giovanni Colombo, nel pomeriggio di 40 anni fa, sollevando il velo che svelava la statua del Santo a una folla di infermiere e operatori sanitari convenuti da tutta la Lombardia sulla terrazza del Duomo per rendere omaggio al loro Patrono.La statua, in marmo di Candoglia, è opera dello scultore Ettore Cedraschi, che ha posto i tratti caratteristici del santo nella mano benedicente, nel volto rivolto verso il basso, quasi a cercare per strada le persone da soccorrere, nella croce sul petto, identificativa dei Camilliani, che nell’intersezione dei due bracci concentra l’amore che proviene da Dio e lo allarga agli uomini che vivono nella sofferenza. «A lui guardiamo – diceva in quell’occasione il Superiore generale dei Camilliani, padre Forsenio Vezzani – non solo come a un testimone autentico della carità misericordiosa di Cristo verso i malati, ma anche come ad esempio e guida paterna nella vocazione verso il malato».Gli operatori sanitari degli ospedali lombardi, che il 24 ottobre si ritroveranno in Duomo, volgendo lo sguardo tra le guglie renderanno omaggio anche alla generosità che tanti loro colleghi hanno profuso, 40 anni fa, nella realizzazione della statua del loro patrono. E dopo l’appuntamento in Duomo, la giornata del ricordo proseguirà con una Messa celebrata da don Giorgio Colombo alle 18 nel santuario di San Camillo (via Boscovich 25).
24 ottobre
San Camillo, preghiera sulla terrazza del Duomo
Quarant'anni fa la statua del santo, opera di Ettore Cedraschi, veniva posata su una delle guglie meridionali della Cattedrale
di Claudio MAZZA Redazione
22 Ottobre 2009