Davanti all’amore, a «questo contenuto così essenziale della fede», «la Chiesa non potrebbe mai permettersi di agire come fecero il sacerdote e il levita nei confronti dell’uomo lasciato mezzo morto per terra. Non si può distogliere lo sguardo e voltarsi dall’altra parte per non vedere le tante forme di povertà che chiedono misericordia». Lo ha sostenuto, sabato mattina, papa Francesco, nell’udienza giubilare per i volontari (che ha definito «artigiani della misericordia»). E, ha precisato, «questo voltarsi dall’altra parte per non vedere la fame, le malattie, le persone sfruttate, questo è un peccato grave! È anche un peccato moderno, è un peccato di oggi. Noi cristiani non possiamo permetterci questo. Non sarebbe degno della Chiesa né di un cristiano “passare oltre” e supporre di avere la coscienza a posto solo perché abbiamo pregato o perché sono andato a Messa la domenica». Per il Pontefice, «il Calvario è sempre attuale; non è affatto scomparso né rimane un bel dipinto nelle nostre chiese. Quel vertice di compassione, da cui scaturisce l’amore di Dio nei confronti della miseria umana, parla ancora ai nostri giorni e spinge a dare sempre nuovi segni di misericordia».
«Non mi stancherò mai di dire – ha ricordato – che la misericordia di Dio non è una bella idea, ma un’azione concreta. Non c’è misericordia senza concretezza. La misericordia non è fare il bene di passaggio, è coinvolgersi lì dove c’è il male, dove c’è la malattia, dove c’è la fame, dove ci sono tanti sfruttamenti umani. Anche la misericordia umana non diventa tale, cioè umana, fino a quando non ha raggiunto la sua concretezza nell’agire quotidiano». La verità della misericordia, infatti, «si riscontra nei nostri gesti quotidiani che rendono visibile l’agire di Dio in mezzo a noi».