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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Prima d'Avvento

Scola chiude il Giubileo in Diocesi: l’Avvento è tempo privilegiato «di attesa e di speranza»

Il Cardinale ha presieduto in un Duomo gremito di migliaia di fedeli la Celebrazione Eucaristica per la chiusura, in Diocesi, del Giubileo Straordinario della Misericordia nella I Domenica dell’Avvento ambrosiano

di Annamaria BRACCINI

13 Novembre 2016

Si apre, per la nostra Chiesa ambrosiana, l’Avvento e, come accade in tutte le Diocesi del mondo, anche a Milano, si chiude la Porta Santa a conclusione l’Anno Giubilare dedicato alla Misericordia. 
Anno di Grazia, anno «che ci ha educato», che ha già dato frutti, come il notevole numero di Confessioni registrate in Duomo in questi mesi – un flusso che non conosciuto cali nemmeno nel periodo estivo – divenute, poi, moltissime nell’ultima settimana. Senza considerare che, complessivamente, in questo anno giubilare si stima siano stati circa un milione i fedeli che nelle 9 chiese giubilari della Diocesi hanno attraversato le Porte sante.
In una Cattedrale gremita di migliaia di fedeli, il cardinale Scola presiede la Celebrazione eucaristica insieme sobria e solenne, a cui sono specificamente invitati gli aderenti all’Azione Cattolica e Alleanza Cattolica, i membri dell’Arciconfraternita del Santissimo Sacramento del Duomo, degli Ordini di Malta  e del Santo Sepolcro.  
«Amandoci fino alla totale dedizione di sé sulla Croce, Gesù ha vinto definitivamente il peccato e la morte. Per questo misericordia (alla lettera “aprire il cuore agli infelici”) è la parola definitiva sulla nostra esistenza», dice subito l’Arcivescovo. 
«L’Anno Santo che oggi si conclude, e che vi vede così numerosi a compiere questo gesto di ringraziamento alla Misericordia del Signore, ci ha aiutato a risvegliare la necessità di riconciliarci con Dio, con gli altri e con noi stessi. Avremo occasione, come Diocesi ambrosiana, di tornare sul Giubileo e sui suoi frutti perché possano, nel tempo, moltiplicarsi. Ma l’essere qui tanto numerosi è già un significativo frutto, così come il vostro recarvi al confessionale». 
Se il pensiero è per Giubileo delle Persone socialmente escluse, che il Papa ha compiuto in queste ore, e per quello vissuto in tutte le Carceri della nostra Diocesi sotto la guida dei Vescovi ausiliari e dei Vicari episcopali, l’invito è a lasciarsi educare dai sentimenti di Cristo attraverso una pratica continua delle opere di misericordia. 
«Un’educazione questa – nota, infatti, Scola – che trova nell’Avvento ambrosiano un tempo privilegiato».
«Nelle sei settimane che ci preparano al Natale, la Chiesa, ossia noi tutti, siamo in attesa della Sua venuta e questo ci ridona la consapevolezza di una dimensione essenziale alla coscienza di ogni uomo e donna. L’attesa, in effetti, esprime il modo propriamente umano di vivere il tempo, di stare ancorati alla realtà e di appartenere alla storia». Quel tempo in cui aspettiamo «l’Altro con la maiuscola, il Signore che è venuto, che viene e verrà». 
Da qui il triplice significato dell’Avvento che il Cardinale richiama: «significato natalizio, la nascita di Cristo che è lo spartiacque della storia; escatologico che suggellerà il fine della storia; e, in terzo luogo, sacramentale, perché Gesù si fa a noi contemporaneo nell’Eucaristia che genera quotidianamente la Chiesa». È questo l’annuncio da portare nel mondo a tutti i popoli, con un compito missionario di grandi proporzioni. 
«Per noi che viviamo in Europa e che, come qualcuno ha scritto, siamo la società della stanchezza, è importante sostenerci in questo prezioso compito che appaga la nostra sete di pienezza e viene incontro a quella di tutti i nostri fratelli. È un compito che tocca ad ogni generazione, come un nuovo inizio, evoca le doglie del parto, che non sono annuncio di morte, ma di una nascita». 
Il riferimento è alla pagina di Matteo, appena proclamata, con la descrizione della condizione dei credenti al tempo degli Apostoli contrassegnata da un travaglio lungo e doloroso di cui vengono messi in evidenza tre elementi. «Il rischio della seduzione e dell’inganno – non possiamo qui ignorare il diffuso e confuso atteggiamento idolatrico del nostro tempo in cui dobbiamo, tuttavia, stare con serenità ma anche con chiarezza critica e autocritica-; la possibilità di persecuzioni esterne e di tribolazioni interne alla Chiesa  – come non pensare ai tanti martiri di oggi- e, infine, l’urgenza di far conoscere Gesù al mondo intero». 
Laddove, «da duemila anni i cristiani condividono l’esistenza dei loro fratelli uomini segnati dal dono della venuta del Signore che riempie le giornate di speranza», è questa stessa virtù, tipica dell’Avvento, «di questi tempi un bene tanto raro, quanto necessario e urgente», a dover divenire la “cifra” cristiana del vivere  «La speranza, e di ciò è testimone secolare il cattolicesimo popolare lombardo, è imprescindibile fattore anche di operosità sociale. La speranza genera uomini e donne guidati non dall’utopia astratta, ma da un ideale realizzabile, perseguito insieme a tutti i nostri fratelli, capace di accettare l’inevitabile perfettibilità di ogni tentativo e tenace nel ricominciare ogni mattina. Il nostro è più che mai un tempo di ripresa quotidiana che la Provvidenza ci dona anche perché l’amicizia civica, nelle nostre terre ambrosiane, diventi cemento di una rinnovata società civile più costruttiva e con meno litigi pretestuosi. Così, nel dialogo teso al riconoscimento reciproco, fiorirà la persona, si mobiliteranno i corpi intermedi, trarranno beneficio le Istituzioni». 
Infine, l’invito a prepararsi «con gratitudine e generoso impegno alla venuta del Papa che riscalderà il nostro amore».

 

La venuta del Figlio dell’uomo

Viene il Figlio dell’uomo «sulle nubi del cielo con grande potenza e gloria», come leggiamo nel Vangelo odierno di Matteo (24, 30). E i suoi angeli «raduneranno i suoi eletti dai quattro venti, da un estremo all’altro del cielo». E lo faranno con un grande, roboante suono di tromba, che si udirà in ogni angolo della terra. Come vediamo rappresentato nella bella immagine in alto, dipinta sulla parete sinistra della prima campata dell’oratorio dei Santi Ambrogio e Caterina a Solaro. Un gioiello dell’epoca viscontea, ricoperto di mirabili affreschi della seconda metà del XIV secolo, che verrà presentato con un ampio servizio sul numero di dicembre del mensile diocesano Il Segno. L’artista, un pittore «ambrosiano» che opera attorno al 1380 e che ben conosce sia la consolidata tradizione giottesca, sia la produzione gotica delle miniature d’Oltralpe, mostra il Cristo in mandorla seduto in Maestà sull’arcobaleno, simbolo del firmamento e della rinnovata alleanza. Gli angeli attorno a lui soffiano vigorosamente in lunghe trombe, «tube» medievali da parata, dette anche «chiarine», che evocano il suono dello shofar, il corno usato dagli ebrei. Alla destra del Salvatore, Maria guida la schiera delle martiri e delle vergini, mostrando i seni che hanno allattato Gesù, a sottolineare il suo ruolo di Madre della Misericordia, che intercede per l’umanità. A sinistra, invece, San Giovanni Battista porge la sua stessa testa recisa, seguito da un gruppo di santi e di patriarchi. Questo raduno escatologico alla fine dei tempi attorno al Cristo glorioso costituisce il fulcro della speranza cristiana nella salvezza eterna. E infatti il Figlio dell’Uomo allarga le sue braccia, come a invitarci ad andare da lui, senza timori. E ci sorride.
Luca Frigerio

 

 

 

 

 

 

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