È la nobile e bellissima basilica di Santa Maria della Passione a fare da cornice alla solenne Liturgia della Natività di San Giovanni Battista, presieduta dal cardinale Scola per il Sovrano Militare Ordine di Malta e concelebrata dal Cappellano capo, Monsignor Marco Navoni e dai Cappellani Magistrali dell’Ordine, unitamente ad altri sacerdoti.
Promossa dalla Delegazione di Lombardia del Gran Priorato di Lombardia e Venezia – che risalente al 1300, ha come competenza gli antichi Stati, compresa la Sardegna –, la Celebrazione è ricca di suggestione. Le vesti tradizionali, le insegne, i Confratelli e Consorelle, il Coro Polifonico del Corpo Italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta, il Primo Reparto Militare dell’Ordine stesso che è Corpo Ausiliare dell’Esercito (ha per esempio preso parte alle missioni di pace in Kosovo e, ora, nel mare di Sicilia), la rappresentanza del Cisom, il saluto di benvenuto iniziale, portato dal Delegato lombardo, Guglielmo Guidobono Cavalchini, parlano di un impegno radicato nella storia e capace di rinnovarsi, con generosità, nell’oggi.
Lo sottolinea il Cardinale, esprimendo gratitudine «per avere la possibilità di celebrare la festa del vostro grande patrono, appunto il Precursore». Le letture, con il Vangelo di Luca al capitolo 1, sono il riferimento costante dell’Arcivescovo, nel richiamo ai concetti di elezione e di vocazione..
«La Liturgia della Parola – spiega, infatti – esplica l’iniziativa di Dio per ogni uomo e dice l’intima e potente vicinanza di Colui, che è Altro, all’intera famiglia umana».
Una verità, questa, «sempre più dimenticata nella società contemporanea, in modo particolare nella nostra fragile Europa, poiché scordiamo che siamo degli eletti, che il dono della nostra stessa nascita e del permanere nell’esistenza, rende la vita un debito perché nessuno potrà mai autogenerarsi». Per questo, suggerisce Scola, l’io raggiunge la sua consapevolezza attraverso la vita che, essendo offerta gratuitamente, va resa e donata.
Se, dunque, l’ “elezione” è, sempre, una chiamata, essa stessa è anche in funzione di una missione, di un compito, «come ciascuno di voi che ha scelto questa strada, secondo una lunghissima ma sempre attuale tradizione – scandisce il Cardinale – , ha compreso».
Non a caso, il tema dell’elezione, della vocazione e della missione si concentrano nel nome stesso di Giovanni, in ebraico, “Dono di Dio”: Giovanni Battista, patrono dell’Ordine di Malta, capace in questa ispirazione al Precursore di Gesù, di coniugare attività concreta, come recentemente in Nepal, con un preciso principio spirituale.
Da qui, la consegna: «Ecco, carissimi, il compito di straordinaria attualità che tocca ogni cristiano e soprattutto una realtà come la vostra. Continuate con perseveranza a vivere energicamente la peculiare vocazione personale indisgiungibile da quella comunitaria».
E tutto questo «per il bene della nostra Chiesa, di quelle europee e, con le debite distinzioni, della società. Pensiamo, ad esempio, al gelo demografico che non stiamo valutando nelle sue prospettive tragiche; pensiamo alla necessità di politiche familiari più adeguate, ma ancora così lontane dai legislatori; riflettiamo sulla difficoltà di insegnare ai nostri giovani cosa sia il bell’amore»
Insomma, «occorre quel risorgimento profondo della fisionomia dell’uomo» che la nostra Chiesa richiede. Di questo ha bisogno l’Occidente – che pur volendo, etimologicamente, rimandare al tramonto – non può essere un tramonto. «Abbiamo bisogno del mandorlo, il primo ramo a fiorire ancora in inverno simbolo di primavera, citato nel Libro di Geremia».
Come a dire abbiamo bisogno di una nuova primavera del cuore e della mente, dell’azione.