Is 30, 8-15b; Sal 50 (51); Rm 5, 1-11; Mt 4, 12-17
Così dice il Signore Dio: «Su, vieni, scrivi questo su una tavoletta davanti a loro, incidilo sopra un documento, perché resti per il futuro in testimonianza perenne. Poiché questo è un popolo ribelle. Sono figli bugiardi, figli che non vogliono ascoltare la legge del Signore. Essi dicono ai veggenti: “Non abbiate visioni” e ai profeti: “Non fateci profezie sincere, diteci cose piacevoli, profetateci illusioni! Scostatevi dalla retta via, uscite dal sentiero, toglieteci dalla vista il Santo d’Israele”». (Is 30,8-11)
Non è facile ascoltare la voce di un profeta: chi riporta la Parola del Signore è esigente e radicale, proprio come la Parola che trasmette. È reazione comune quella di mettere a tacere quelle parole, preferendone altre, meno incisive, ma più rassicuranti.
Quanto avvenuto nei confronti dei profeti, in fondo, è ciò che si ripete ancora oggi, nei confronti dell’informazione, degli intellettuali, dei maestri spirituali, anche nei confronti della propria coscienza.
Eppure, il cristiano è in grado di accettare anche ciò che non lo favorisce, poiché sa che proprio tramite la conversione potrà incontrare il Signore, potrà essere pienamente umano.
Preghiamo
Aspergimi con rami d’issòpo e sarò puro;
lavami e sarò più bianco della neve.
Distogli lo sguardo dai miei peccati,
cancella tutte le mie colpe.
Dal Salmo 50 (51)