Fu costituita cinquant’anni fa come parrocchia di Seggiano che, allora, era il Santuario dedicato alla Beata Vergine Assunta, mentre dal 18 marzo 2011, è l’omonima chiesa moderna dalle belle e luminose architetture. E, allora, per festeggiare con tutta la Comunità, il 50esimo e l’avvicendamento del parroco – il 18 settembre a don Zaccaria Bonalumi succede don Andrea Andreis – arriva il cardinale Scola. I fedeli, le autorità con il sindaco di Pioltello, di cui Seggiano è ormai un quartiere senza soluzione di continuità, il coro, i tanti chierichetti e le famiglie, gli si stringono intorno già sul sagrato, prima della Messa concelebrata dal vicario episcopale di Zona, monsignor Cresseri, dal decano del Decanato Cernusco sul Naviglio, don Claudio Silva, da tutti i preti di Pioltello e, naturalmente, dal parroco uscente e da quello entrante.
Il saluto è affidato a un membro del Consiglio pastorale che dice: «In tempi segnati da non poche prove e difficoltà vogliamo guardare con lei e a Maria, speranza e aurora del mondo intero, ricordando che la fede cristiana è alimentata dall’incontro con Gesù, realtà vivente. Eminenza, ci aiuti a vivere questo momento di crescita della nostra comunità con il cambio del parroco».
Il Cardinale legge l’annuncio della Risurrezione del Vangelo di Matteo, sul “Libro delle Vigilie” che, poi, lascia significativamente in dono alla parrocchia.
«La prima Lettura di oggi – dal Libro delle Cronache, con la convocazione di tutto Israele da parte di Davide – presenta molti aspetti simili a questa Celebrazione, certo diversa, ma che, tuttavia, ci fa capire perché, nella nostra fede cattolica, abbiamo integrato il primo Testamento che ci fa comprendere meglio anche il Nuovo e viceversa», spiega il Cardinale in chiara allusione al concetto dei convocazione.
«La parola chiesa indica propriamente essere convocati, chiamati insieme da Gesù, per questo chiamati da Lui come un “noi” nel quale percepiamo che l’io può essere valorizzato. Così, ogni domenica, ritroviamo il gusto pieno del rapporto con noi stessi, con gli altri, con il Creato», sottolinea, infatti, Scola.
«Vi è poi un altro elemento, ogni volta che ascoltiamo la parola di Dio è Gesù stesso che ci parla e rende più personale il nostro rapporto con il Signore. E chi più della Vergine Assunta definitivamente in paradiso che voi festeggiate da lungo tempo, la Madre del bell’amore che ama in ogni istante come fosse l’ultimo e ama per primo, chi se non lei ci può aiutarci a dare del tu a Gesù?».
Il pensiero è al Vangelo di Luca appena proclamato, con il riferimento alla madre del Signore e alla grande famiglia dei cristiani: «La famiglia diventa simbolo e impegno della nuova parentela che nasce tra noi perché abbiamo in comune Gesù. È molto importante che l’esperienza che facciamo in famiglia costruisca lentamente questa nuova parentela. L’Assunta ci comunica un messaggio profondo che, nell’Occidente opulento del pianeta, è ormai difficile da capire: la morte è stata inghiottita da Gesù inchiodato sulla croce che l’ha vinta. In questa epoca l’uomo ha potuto mettere le mani sulla struttura del suo DNA, ma ciò non sposta il problema di quanto ci attende dopo, quando saremo nell’abbraccio del Padre. Come Gesù oggi vive nel suo vero corpo, in seno alla Trinità, anche Maria vive nel suo vero corpo. Noi non siamo solo sostenitori dell’immortalità dell’anima, ma della risurrezione dei corpi. Saremo nel nostro vero corpo rivedremo i nostri cari per sempre e, in ciò, Maria santissima ci anticipa. Questo dobbiamo credere, vivere e testimoniare soprattutto con una vicinanza particolare a chi è nelle difficoltà, sperimentando la famiglia come chiesa domestica, trattando con molto impegno un’amicizia civica rispettosa delle diversità e che, per questo, necessita il raccontarsi, accettando le prove».
Da qui, la consegna: «Se siamo attaccati a Maria e alla comunità possiamo affrontare tutto come una strada di crescita: tutto concorre al bene in coloro che amano Dio».
E alla fine, ancora qualche raccomandazione: «Domani farete la festa di ringraziamento per il parroco che vi lascia, ma dovete comprendere la necessità degli spostamenti: in Diocesi riguardano tra i 110 e i 120 sacerdoti perché le forze diminuiscono, basti pensare che muoiono circa sessanta preti all’anno e, quest’anno, ne verranno ordinati dieci».
«Sono contento che stia crescendo tra voi lo spirito del lavorare insieme, attraverso i pellegrinaggi, le Cresime comuni, le Celebrazioni, perché nella complessità della nostra società e nella frantumazione della vita fin dei nostri piccolini, l’insieme è ciò che fa crescere e dà forza. Rispettando bene la tradizione abituiamoci a cambiare».
Non manca il riferimento, sul punto cruciale dell’educazione, all’Europa. «Oggi si parla tanto di economia, sempre di euro, ma l’Europa non può essere solo questo. Oggi la sorta del cristianesimo dipende dall’energia educativa, dobbiamo fare ogni sacrificio per educare bene i nostri figli. Generare è anche educare. L’educazione è un’arte dall’amore, dai genitori all’oratorio e alle scuole. Apriamo la famiglia a qualche amico e conoscente e parliamo con semplicità dei problemi. Bisogna ridare un significato al senso del vivere, per noi il dono della fede per noi è questo».
Poi la decisività dell’imparare ad amare e ad educare al bell’amore, con quell’appello ai giovani, se hanno nel cuore la vocazione a darsi interamente al Signore, che è nel cuore dell’Arcivescovo – qui mi pare che in 50 anni non sia mai nata una vocazione, nota -, così come il dialogo e l’accoglienza. Un dovere, quest’ultimo, come il Cardinale dice, alla fine della Messa durante un breve momento conviviale, all’imam di Seggiano, Ahmed Siar, venuto personalmente a salutarlo.