Domenica 13 ottobre il cardinale Scola si recherà in visita pastorale ad Abbiategrasso (Mi). Alle 10 celebrerà la messa nella chiesa di San Gaetano: una costruzione appena restaurata, annessa all’oratorio e che ora può ospitare circa 150 persone. Successivamente si fermerà per incontrare, a pranzo, i sacerdoti del Decanato. Abbiamo chiesto a monsignor Paolo Masperi, parroco della Comunità pastorale San Carlo Borromeo, quali sono le principali caratteristiche e i problemi di questo territorio.
Come siete organizzati dal punto di vista pastorale?
Ad Abbiategrasso abbiamo una Comunità pastorale, nata nel 2011, che comprende tre parrocchie: Santa Maria Nuova, Sacro Cuore e Sant’Antonio. Qui si trova anche la parrocchia di San Pietro, ma non fa parte della Comunità pastorale. Ci stiamo impegnando a vivere questa unità profonda con diverse iniziative e momenti qualificanti. Per esempio ci troviamo ogni 15 giorni come diaconia e lo stesso giorno, alla sera, è previsto anche un incontro per i laici. Il Consiglio pastorale è unitario e questo ci permette di studiare più facilmente i problemi che la nostra realtà incontra, per poi analizzarli e trovare possibili soluzioni in sede di diaconia.
Domenica ci sarà anche la consacrazione della chiesa di San Gaetano. Come vi siete preparati?
Sì, la visita dell’Arcivescovo sarà dedicata al rifacimento della chiesa di San Gaetano. I lavori sono durati due anni e sono stati realizzati grazie al contributo dell’architetto Alessandro Rondena e all’interessamento di monsignor Domenico Sguaitamatti: la chiesa era infatti fatiscente, con numerose infiltrazioni d’acqua, e si era riscontrata la presenza di amianto. Sarà una grande festa per la comunità. Questa chiesa è nata con una particolare attenzione per i ragazzi, essendo annessa all’oratorio, ma oggi è un luogo di preghiera aperto a tutti. Tutta la comunità si è preparata a questo evento di dedicazione. Ci sono stati alcuni momenti significativi che hanno coinvolto i ragazzi nella catechesi e i giovani con una riflessione rivolta alla comprensione del rito e al lavoro di rifacimento. Per gli adulti non sono mancati anche momenti di preghiera al mattino, il giovedì e il venerdì, mentre alla sera c’è stata la presentazione della struttura e dell’opera. È stato molto importante riflettere su questo restauro. Guardare permette infatti di capire. Capire aiuta a gustare il senso del bello che sembra trasparire dalla realizzazione del lavoro. La «via della luce» che conduce all’altare, per esempio, è una sorta di programma: abbandonare il cammino di disorientamento e riprendere la strada dove, con i fratelli nella fede, poni lo sguardo, la concentrazione su quell’altare di immolazione.
La crisi economica si sente molto da voi?
Sì, si sente molto anche qui. Ci sono molte famiglie in difficoltà, italiane e straniere. A livello di Comunità pastorale abbiamo diverse iniziative per aiutare chi si trova in questa situazione, come la San Vincenzo, sempre vicina ai più poveri, il Centro di Aiuto alla Vita, che dà sostegno alle famiglie in attesa di un bambino, la Caritas, che accompagna disoccupati e immigrati in cerca di lavoro, il Banco Alimentare, per la distribuzione dei generi di prima necessità: realtà che permettono di dare un sostegno concreto ai diversi bisogni. La situazione comunque è abbastanza delicata. Molti hanno perso il lavoro e i giovani fanno fatica a trovarne uno.
Immigrati. Sono numerosi sul vostro territorio?
Abbastanza. Ci sono circa 1.500 persone di religione diversa da quella cattolica, soprattutto musulmani e cinesi. Anche i latino-americani sono molto presenti. Certo, la crisi ha colpito anche loro. Per questo motivo, da qualche anno è nata una realtà sociale che dà un’attenzione particolare alle famiglie straniere di religione cattolica che si trovano in difficoltà economiche: quest’anno, per esempio, il suo contributo è stato molto importante per agevolare la partecipazione all’oratorio estivo dei ragazzi che avevano meno possibilità.
I giovani frequentano regolarmente?
L’oratorio è sempre il punto di riferimento materiale per ragazzi, adolescenti e giovani. Se però fino ai 18-20 anni la partecipazione è molto buona, così come la testimonianza sul territorio, i ragazzi intorno ai 25 anni non frequentano più. Stiamo perciò cercando di organizzare attività in oratorio che possano attirare anche questa fascia d’età, con la speranza che possa migliorare il cammino di tutti.
Quali sfide vi proponete per il futuro?
Vogliamo che il tema della testimonianza si possa tradurre nella vita quotidiana di ciascuno, con azioni concrete a seconda della professione e degli impegni di ognuno: come Gesù attende pazientemente, così anche noi dobbiamo affrontare con coraggio le tante prove e difficoltà di ogni giorno. In particolare la settimana mariana e la riflessione sul tema missionario saranno i momenti forti che ci permetteranno di riflettere sull’importanza della testimonianza verso gli altri e dell’apertura al mondo.