In occasione della Giornata diocesana della solidarietà si tiene un convegno sabato 10 febbraio in corso Venezia 11 dalle 15 alle 18 dal titolo “La precarietà in età adulta. Inutili a 45 anni”. All’intervento di don Raffaello Ciccone, responsabile del Servizio per la vita sociale e il lavoro seguirà una tavola rotonda con Luigi Campiglio, Francesco Totaro, Antonio Pizzinato e Rosa Rinaldi.
di Raffello Ciccone
responsabile Servizio per la vita sociale e il lavoro
La Giornata della solidarietà vuole portare un contributo di riflessione e di ricerca sulla condizione del lavoratore oggi, puntando soprattutto lo sguardo su una fascia particolare di persone in età matura, espulse dal mondo del lavoro, e impossibilitati, per la precarietà del lavoro stesso, a trovare una nuova collocazione e quindi una nuova occupazione. Mi sembra che questo tema interessi particolarmente la famiglia poiché, ritrovarsi disoccupati o precari all’età di 45 anni, significa mettere in crisi la famiglia e ogni prospettiva di serenità futura.
Questo, tra l’altro, è l’orizzonte che si sta delineando in un mondo di forte globalizzazione e di continuo sviluppo tecnologico. Si scopre così che i grandi problemi che toccano la vita della gente, dal lavoro alla scuola, dalla formazione alla professionalità, dal rapporto familiare alla stabilità psicofisica, dalla sanità alla religione, coinvolgono trasversalmente la persona, e bisogna tenerne conto, fare selezioni di priorità e porre delle gerarchie.
La parrocchia, i movimenti e le associazioni cristiane e tutto ciò che ruota attorno al mondo religioso non possono dimenticare questa relazione. La nostra pastorale obbliga a sviluppare i due temi (famiglia e precarietà dell’età adulta), scoprendo che i cinque ambiti dei gruppi di studio di Verona (l’affettività, festa e lavoro, la fragilità, la tradizione, la cittadinanza) dovrebbero fare da paradigma alle nostre riflessioni, portandoci a riletture e interventi più mirati e più coinvolgenti.
Nel suo messaggio, l’Arcivescovo incoraggia la comunità cristiana ad aprire gli occhi e a vedere nel cammino di tanti fratelli e sorelle la fatica, ma anche il bisogno di una solidarietà: famiglia, lavoro e casa, almeno, si intrecciano: “Troppi nostri fratelli e sorelle mancano delle condizioni di vita essenziali per un’esistenza dignitosa e capace di un futuro sereno. Sono oppressi dalla precarietà economico-sociale, come la mancanza di lavoro e di casa, e ancor più dalla precarietà familiare dai tanti nomi, come le diverse forme di disagio all’interno della coppia, le fatiche e le carenze educative, l’incomprensione e il conflitto tra le generazioni, le difficoltà e l’insicurezza delle famiglie immigrate, i molteplici problemi legati alla fecondità e all’inserimento nella società, ecc”.
L’economia, nella fase della globalizzazione, segnata da profonde trasformazioni tecnico-produttive, già dalla fine degli anni ’80 porta ad una occupazione nel settore terziario e dei servizi, mentre si frantumano le attività in microimprese, aumentano i precari e diminuiscono in percentuale gli occupati tra i 45 ed i 65 anni, anche rispetto agli altri Stati europei. A questo si aggiunge una massiccia politica di ringiovanimento delle maestranze, con la progressiva espulsione dal ciclo produttivo di lavoratori “maturi” che ha colpito in modo orizzontale tutte le categorie professionali e tra queste, in particolare, le professionalità medio-alte (impiegati di concetto, quadri e dirigenti) per le quali le possibilità di reinserimento lavorativo sono subito apparse particolarmente ardue.
Il dato cambia di mese in mese, ma si può comunque parlare di disoccupati di lunga durata, in Italia, tra i 45 e i 65 anni, per un numero, all’incirca, che sta tra i 700 mila e il milione di persone. Nella Provincia di Milano il 50% di coloro che si recano agli sportelli dei Centri per l’Impiego sono disoccupati di lunga durata che superano i 40 anni, suddivisi in un 50% di donne e un 50% di uomini, per un totale di circa 20 mila unità. Leggermente peggiore è il quadro che si registra nella Provincia di Roma, mentre non è diversa nei comparti industriali di Genova, Torino e in quelle aree del Nord Est che hanno visto massicce ristrutturazioni aziendali e massicce delocalizzazioni verso paesi lontani.