Al Mondiale 2006 s’avvera il sogno “ecumenico” del movimento
calcistico. È anche il primo torneo disputato nell’Europa unita
almeno a livello di moneta. Alla squadra azzurra il compito
di mostrare il volto “pulito” di un calcio travolto dagli scandali
di Bruno Pizzul
Un Mondiale degno di tal nome. In Germania saranno rappresentati tutti i cinque continenti, con l’Australia a far figurare anche l’Oceania, essendo stata capace di eliminare nel doppio confronto decisivo l’Uruguay, grande per storia e tradizione, ma un po’ in difficoltà negli ultimi tempi a rinverdire i fasti del passato. Basterebbe questo dato statistico a conferire al Mondiale tedesco – al via il 9 giugno – il significato di autentica festa popolare nel nome del calcio, sport in costante crescita a livello mondiale.
Le 32 formazioni che si contenderanno il titolo si sono meritate il diritto di disputare la fase finale attraverso una fase di qualificazione più o meno impegnativa, con la sola eccezione della Germania, ammessa di diritto in quanto Paese organizzatore. In particolare le cinque squadre africane (Costa d’Avorio, Angola, Ghana, Togo e Tunisia) e le quattro asiatiche (Iran, Giappone, Corea del Sud e Arabia Saudita) hanno dovuto superare logoranti e articolati tornei eliminatori e hanno salutato l’approdo a Germania 2006 come una conquista sportiva di per sé appagante.
A esse si aggiungono 14 squadre europee e otto americane, alcune delle quali (Brasile, Argentina, Ecuador e Paraguay) provenienti dall’America Latina, altre (Messico, Usa, Costarica, Trinidad e Tobago) dalla cosiddetta zona Concacaf, in cui sono raggruppate le numerose nazionali dell’America centro-settentrionale. Quanto basta, insomma, per far intendere che stavolta è davvero rappresentato tutto il mondo, a coronamento di quell’antico sogno ecumenico del movimento calcistico che intendeva allargare i confini di uno sport inizialmente praticato e diffuso a un certo livello solo in Europa e in America Latina.
Ma c’è un altro aspetto che va sottolineato: è la prima edizione dei Mondiali che si disputa nell’area dell’euro, la moneta unica introdotta nel 2002. Troppo poco, come ben sappiamo, per poter parlare di una vera e completa Europa unita; abbastanza per consentire alle migliaia di europei che seguiranno le loro squadre in terra tedesca di non doversi misurare con il problema del cambio, per sentirsi in qualche modo compartecipi di un progetto unitario che ancora deve percorrere molta strada, ma che è pur sempre un segnale importante e concreto. Nessuno si sogna di pensare che anche a livello di passione gli europei facciano il tifo non solo per la loro squadra, ma anche per le altre consorelle dell’Europa allargata; antiche e radicatissime rivalità, anzi, riemergeranno in modo fin troppo palese. Ma sarà comunque un momento di condivisione che potrà essere considerato una tappa di integrazione e reciproca simpatia.
Non si può non chiedersi, poi, se e come lo scandalo che ha investito il calcio italiano, con le ben note intercettazioni telefoniche, potrà influire sul rendimento della Nazionale di Lippi. Fermo restando che avremmo fatto volentieri a meno di questa ennesima bruttura che ha squassato il nostro sport nazionale, è diffusa l’opinione che gli azzurri non ne risentiranno più di tanto: per paradosso potrebbero addirittura sentirsi ancor più motivati, perché convinti di poter esibire la faccia più bella e pulita di un calcio che non sul campo, ma altrove alimenta le streghe della slealtà, del “tornacontismo”, dell’imbroglio.
Non più deleteria che in passato si rivelerà la scarsa simpatia che negli ambienti internazionali circonda il nostro calcio: da troppi anni l’Italia non è ben rappresentata a livello Fifa e Uefa, peggio di come ci hanno trattato in passato (anche per colpa nostra) non andrà di sicuro. Forti di questa consapevolezza e preparati a non potersi aspettare “aiutini” di sorta, gli azzurri di Lippi sanno di poter dare una mano al nostro calcio con belle prestazioni, ma anche con comportamenti leali e corretti. Nessuno pretende che vincano o facciano sfaceli, ma che almeno non si adagino nel facile alibi secondo cui, senza il sostegno di una Federazione degna di tal nome, non è possibile fare bella figura.
Insomma, affidiamoci alla buona volontà, al talento e al senso di responsabilità dei calciatori che rappresenteranno il nostro Paese. Spesso si è detto che, tutto sommato, il volto positivo del calcio nostrano è rappresentato proprio dai calciatori. Hanno l’occasione adatta per dimostrarlo proprio adesso che il carrozzone pallonaro scricchiola in maniera paurosa. Che almeno loro non ci deludano.