Sapersi inserire nel dialogo, andare al passo del pellegrino, scaldare il cuore: si potrebbe riassumere in questi tre passi sulla strada dell’uomo il messaggio che papa Francesco ha voluto lasciare ai partecipanti all’assemblea del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali.
Tre passi lungo quelle strade di Emmaus che con il linguaggio di oggi si possono chiamare autostrade informatiche: immensi spazi nei quali sempre più persone camminano, anzi corrono, alla ricerca di informazioni, di contatti e, anche se non sempre dette, di relazioni sincere e di incontri significativi.
Ecco: «incontro» è la parola chiave per comprendere la riflessione che il papa ha offerto ai professionisti della comunicazione sociale e agli abitanti del continente digitale. Un dire, il suo, che richiama immediatamente la pedagogia della comunicazione narrata a più riprese nel Vangelo: sulle strade, nelle case, accanto a una fontana il Signore ascolta la parola dell’uomo, il Signore accompagna il ragionare dell’uomo, il Signore porta in alto, a quote imprevedibili e sorprendenti, il pensiero dell’uomo.
Di questi tre movimenti, ritmati dal rispetto della coscienza, ci sono indelebili tracce anche nella storia della Chiesa: le hanno lasciate i santi, noti o sconosciuti agli uomini. Questa esperienza, ricorda il papa, avviene nell’incontro tra volti cioè in quella comunicazione che diventa compagnia, diventa presenza dialogica che fa nascere le grandi domande e offre indicazioni perché la coscienza, nella sua libertà e nella sua responsabilità, possa incontrare le grandi risposte e compiere le grandi scelte.
Il papa aggiunge che tutto questo può avvenire oggi nell’affiancarsi al «pellegrino esistenziale» che attraversa il paesaggio digitale e camminare con lui senza forzarne e senza frenarne il passo. Occorre però avere chiara la meta e occorre pensare a un incontro, perché un pellegrinaggio non si riduca a uno sconclusionato vagabondaggio nella mediasfera.
Si rende allora necessaria quella «attenta e qualificata formazione» che viene richiesta dalle nuove tecnologie ma ancor più e ancor prima dalle antiche e sempre nuove attese dell’uomo. Attese di verità, di bellezza e di bontà. Attese di felicità. «C’è bisogno – aggiunge il papa – di scendere anche nella notte più buia senza essere invasi dal buio e smarrirsi, c’è bisogno di ascoltare le illusioni di tutti, senza lasciarsi sedurre, c’è bisogno di accogliere senza cadere nell’amarezza, di toccare la disintegrazione altrui senza lasciarsi sciogliere e scomporsi nella propria identità».
Non è un’impresa da poco quella che viene proposta anche perché a questi bisogni papa Francesco aggiunge l’appello a «non manipolare le coscienze». È un richiamo forte all’onestà intellettuale senza la quale non può esercitarsi una professione che, alla luce del proprio codice etico, ha senso e prospettiva se con determinazione si pone al servizio della crescita integrale della persona e della società.
Il continente digitale è però affollato da innumerevoli e diversi abitanti e il papa, rivolgendosi in particolare a quanti di loro sono cristiani, dice ancora una volta che occorre «saper dialogare entrando con discernimento anche negli ambiti creati dalle nuove tecnologie, nelle reti sociali, per far emergere una presenza, una presenza che ascolta, dialoga, incoraggia . Non abbiate timore di essere questa presenza, portando la vostra identità cristiana nel farvi cittadini di questo ambiente».
Ci viene detto che anche nel continente digitale ci sono periferie esistenziali che chiedono di essere abitate dalle parole e dallo stupore dei viandanti di Emmaus. Chiedono di incontrare lo Sconosciuto di Emmaus.