At 10,34-43; Sal 95; Fil 2,5-11; Mc 16,1-7
Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. (Fil 2,6-7a)
Facciamo proprio fatica a “svuotarci”. La nostra più tenace propensione, forse, è invece quella di “riempirci”, di accumulare cose, esperienze, emozioni, relazioni, like, possibilità… Gesù, accanto anche a tanti altri uomini e donne della storia, è certamente immagine di chi sa non esaltare sé per lasciare spazio ad altro, ad altri, a un Altro. È lo spazio del sogno di Dio, l’orizzonte del suo disegno; si tratta della pazienza di chi conta più sulla delicata azione dello Spirito che non sulla roboante efficacia umana. Gesù è così: a oltre trent’anni si presenta alla comunità del suo tempo con il bagaglio della sua ricerca e con la bellezza delle sue intuizioni; si presenta come segno vivente dell’amore del Padre, lui che lo conosce e gli appartiene, e al Padre si affida. Per questo può svuotarsi, perché quanto di più prezioso riconosce in sé viene dall’alto e non dalla propria forza o intelligenza. Non è silenzioso e dimesso, Gesù: ma è certamente pregno della discrezione di Dio, che forse non abbiamo ancora imparato a fare nostra.
Preghiamo
Venite e ascoltate
le grandi cose che ha fatto il Signore.
Ha risuscitato Gesù da morte
perché la nostra fede fosse certa
e la nostra speranza fosse in Dio, alleluia.
(dalla liturgia)