Philippe Daverio, l’amato e indimenticato divulgatore dell’arte, ricordava spesso la difficoltà per noi contemporanei di comprendere davvero l’architettura e la spazialità delle chiese antiche, avendole “stravolte”, nella percezione, con la moderna illuminazione elettrica. Una questione che è ben presente anche a chi oggi ha la responsabilità della cura, della manutenzione e anche dell’adeguamento degli edifici di culto.
A cominciare dall’Ufficio Beni Culturali dell’Arcidiocesi di Milano, che da tempo, tra le altre priorità, ha messo al centro della propria riflessione il tema della illuminazione delle chiese, vecchie e nuove, promuovendo anche uno specifico convegno che ha avuto luogo nella mattinata di lunedì 11 novembre, presso la Curia arcivescovile, alla presenza di una folta platea di “addetti ai lavori” (tra architetti, ingegneri e tecnici), ma anche di quei parroci che ne sono direttamente coinvolti.
Un momento di confronto, di formazione e di dibattito, lontano da ogni sterile “lamentazione” e teso, invece, a proporre e discutere, nel concreto, le «linee guida per la presentazione di progetti illuminotecnici in luoghi di culto», come recitava il sottotitolo del convegno e di un nuovo sussidio, presentato nell’occasione e curato dalla Commissione per l’Arte Sacra e i Beni Culturali dell’Arcidiocesi di Milano.
Le richieste dell’Arcivescovo
Dopo i saluti iniziali di monsignor Luca Bressan, Vicario episcopale alla Cultura, e gli interventi dell’architetto Carlo Capponi, per molti anni alla guida dell’Ufficio ambrosiano dei beni culturali ecclesiastici e oggi delegato regionale agli stessi, e dell’ingegnere Federico Mauri, direttore generale A2A (partner e sponsor di diversi progetti in Diocesi), la parola è stata data all’Arcivescovo di Milano, Mario Delpini, che è entrato nel vivo della questione.
L’Arcivescovo, infatti, dopo una premessa biblica e teologica di come la luce e le tenebre siano elementi cardine dell’esperienza cristiana fin dalle prime parole delle Sacre Scritture, ha voluto fare tre raccomandazioni precise, rivolgendosi ai professionisti in sala e, naturalmente, a tutti coloro che si occupano del tema oggetto del convegno.
In primo luogo monsignor Delpini ha chiesto lo sforzo di un nuovo approccio, perché l’illuminazione delle chiese non sia soltanto un’esperienza estetica ed emozionale, ma favorisca innanzitutto un’esperienza spirituale, capace di accompagnare i fedeli in tutti i momenti, quelli comunitari e quelli personali, quelli festivi e quelli feriali, valorizzando anche simbolicamente i diversi passaggi.
E questo primo punto ha richiamato il secondo: se è giusto fare in modo che nell’edificio chiesa ci si “veda bene”, la funzionalità, proprio come l’estetica, non può essere l’unico criterio che guida le scelte di illuminazione: il rischio, altrimenti, è quello di avere luoghi pienamente illuminati, ma che assomigliano desolatamente a centri commerciali o a stadi sportivi…
Valorizzare i segni
Ne consegue, ha detto l’Arcivescovo come terzo punto, che l’illuminazione nelle chiese deve valorizzare i segni in esse presenti, che sono caratterizzanti la nostra fede. Oggi, ha sottolineato monsignor Delpini (con una “chiarezza” in sintonia con l’argomento), nei nuovi edifici di culto si tende spesso a semplificare e a uniformare, con il risultato di appiattire e di banalizzare, come a creare luoghi per una “generica” spiritualità che vada bene per tutti, come una sorta di “terapia” rassicurante, dove trovare un anonimo benessere… E invece, ha sottolineato l’Arcivescovo, la ricerca e l’incontro con Cristo non avviene solo nella beatitudine della luce, ma è anche nell’inquietudine dell’ombra. «Gli spazi sacri sono per tutti, ma la chiesa ha bisogno di segni che ci introducono al Mistero»: e in questo anche l’illuminazione, corretta, meditata, può e deve essere alleata.
Nel corso del convegno, insomma, sono risuonate espressioni come: «Superare il “divorzio” tra l’architettura e le altre arti al servizio degli edifici di culto», «Ritrovare una piena collaborazione»… Così che monsignor Giuseppe Scotti, responsabile dell’Ufficio Beni Culturali della Diocesi, ha opportunamente ricordato le parole che papa Paolo VI rivolse agli artisti in quel celebre incontro in Cappella Sistina nel maggio 1964, sessant’anni fa.
Disponibile il nuovo sussidio
La giornata di studio è quindi proseguita con la relazione di padre Andrea Dall’Asta, direttore della Galleria San Fedele dei gesuiti di Milano, e la presentazione di tre esperienze progettuali di illuminotecnica: quella di San Bernardino alle Ossa a Milano (illustrata da Francesco Marelli); quella del Polittico del Museo di San Martino a Treviglio (a cura dello Studio Switch e Studio Base2); quella del Santuario di San Pietro Martire a Seveso (con Sonia Sganzerla e Marco Fortunati).
Mario Nanni, inoltre, ha parlato della «Luce come preghiera», mentre Marcello Pianosi ha presentato le «Linee guida per la presentazione di progetti illuminotecnici in luoghi di culto».
Linee guida, appunto, che sono raccolte e commentate in una nuova pubblicazione che non è in commercio, ma che è disponibile presso l’Ufficio Beni culturali dell’Arcidiocesi di Milano, a cui si può scrivere facendone richiesta.