Non capita molto spesso di arrivare all’ultimo dialogo di un film, ascoltare l’ultima domanda e l’ultima risposta dei personaggi e percepire che il significato emotivo dello scambio è totalmente interno alla relazione tra i due. Un mistero che lo spettatore può intuire, ma non comprendere appieno.
Accade questo ne Il gusto delle cose, pochi secondi prima dei titoli di coda. Si esce scossi dalla semplicità dell’ultimo dialogo e si fatica a capirne il perché. Compito del critico è provare a spiegarlo.
Verso la fine del XIX secolo, il gastronomo Dodin-Bouffant e la sua cuoca Eugénie creano opere d’arte culinaria per gli amici e colleghi buongustai. Il cibo è relazione, sia intima che sportiva tra i due quando il Principe d’Eurasia invita Dodin alla sua tavola. Lo scambio di ospitalità è una rivalità diplomatica, ma anche un modo per presentare i rispettivi paesi allo straniero attraverso i sapori e la cultura della tavola. Il francese propone piatti dal gusto raffinato e dalle portate contenute, il Principe si dedica a pasti lunghi giorni interi.
Il gusto delle cose non è molto più di quanto raccontato fin qui come trama. Al contempo è infinitamente di più della sua storia. Aggiunge un senso al cinema, oltre la vista e l’udito: il gusto. L’arte della preparazione delle pietanze dà vita a gesti pieni di significati, merito anche delle ispirate performance di Juliette Binoche e Benoît Magimel. Nel modo in cui tagliano una verdura o cuociono un pesce (“a fuoco lento, per rispetto”) i due protagonisti esprimono la loro filosofia di vita.
In questo film solare, grazie a una fotografia pittorica, c’è l’amore per tutte e quattro le stagioni: ognuna porta i suoi frutti come dono. C’è la sensazione di essere sempre nell’estate della propria vita, una situazione di perenne felicità e appagamento di un uomo e una donna che si amano attraverso la cucina, si rispettano nella parità e nell’ammirazione. Così, l’ultimo dialogo tra i due, atteso come una rivelazione, è invece di una semplicità commovente.
Il gusto delle cose coinvolge chi ha pazienza e un buon occhio per la bellezza, come un menù ben equilibrato. Una volta visto, verrà fame. Non è gola; è voglia di relazione e dialogo attraverso il nutrimento.