Il 9 giugno prossimo, il cardinale Dionigi Tettamanzi ci ordinerà sacerdoti; per l’imposizione delle sue mani inizierà il nostro ministero presbiterale a servizio della Chiesa di Milano. Nell’imminenza di questo evento di grazia così importante per la nostra vita, sentiamo nel cuore una grande gioia, e insieme anche un po’ di timore: ci saranno nuove responsabilità ad attenderci, la gente ci vedrà come ministri di quel Dio che è amore, e in noi vorrà vedere e sentire che il Vangelo è veramente una buona notizia, che veramente l’amore di Dio è la sorgente che rende bella la vita di ogni giorno.
E’ proprio l’amore di Dio che ci ha spinto e sostenuto nei passi di avvicinamento al sacerdozio, ed è ancora questo amore che ci accompagnerà fedelmente nel tempo, senza mai tradirci né abbandonarci. Che il fondamento e il senso di questa nostra vocazione sia l’amore di Dio, lo abbiamo voluto dire a partire dal motto della nostra classe, che dice proprio così: “Abbiamo creduto all’amore di Dio” (1Gv 4,16). Non c’è altra ragione, non c’è altro fondamento che questo: l’amore di Dio, che si è rivelato e consegnato in maniera insuperabile nella storia di Gesù e che noi abbiamo incontrato nella sua Chiesa, è il principio e la meta della nostra scelta.
Dunque, vorremmo essere segni viventi dell’Amore di Dio, vorremmo essere servi di questo Dio che ci ha mostrato e detto che «non c’è amore più grande di questo: dare la vita per coloro che ami». Solo l’amore è credibile, solo l’amore affascina il cuore e trasfigura l’uomo rendendolo capace di vivere una vita piena, intensa, donata. Prete per amore di Gesù, per Grazia sua, servitore degli uomini, di ogni uomo, per amore di Gesù, perché l’amore di Dio sia in mezzo a noi.
Mi ha molto colpito, guardando alla frase che ogni classe sceglie come motto, come la classe del 1957, quella del nostro cardinale, abbia scelto come frase: “Chi ci vede, veda Cristo”. Ascoltando di recente l’omelia che il vescovo ha tenuto nella Festa dei Fiori a Venegono e ascoltando alcuni dei suoi compagni, ci sembrava di sentire quanto fossero ancorati a questa frase, quanto essa sia stata importante e lo sarà ancora per ritrovare sempre il fondamento e il senso del loro ministero sacerdotale. Abbiamo sentito, nelle parole del cardinale, un sincero desiderio di voler essere sempre più discepolo del Signore Gesù, per poter essere, in ogni situazione e circostanza della vita, un uomo e un pastore che vivendo sinceramente il vangelo, potesse essere un segno visibile della misericordia e dell’amore di Dio.
Ci sembra che, nonostante i cinquanta anni di distanza, ci sia anche una certa vicinanza, perché per tutti noi l’importante è che risplenda nel mondo l’amore di Dio; è importante che nella nostra vita e nel nostro modo di vivere risuoni ancora e trovi spazio nel mondo il Vangelo di Cristo. Essere servi dell’uomo e della Chiesa per amore di Gesù, con l’amore di Gesù: crediamo che sia questo il nucleo fondamentale che traccia un filo rosso tra la classe del Cardinale e la nostra classe, passando attraverso tutte le classi di preti che anno per anno continuano a dire di sì all’amore di Dio, a credere nel Suo amore.
Noi, che stiamo per entrare nel ministero, siamo rimasti colpiti dal vedere quanto sia grande la fedeltà di Dio all’uomo, quanta gratitudine e gioia ci possa essere nel cuore dopo cinquanta anni di ministero sacerdotale. Guardando all’Arcivescovo e ai suoi compagni, abbiamo visto i segni del tempo che segnano il fisico, l’aspetto esteriore, però ci ha molto colpito la loro freschezza, la disponibilità a giocare ancora tutta la loro vita per seguire il Signore Gesù nella Chiesa.
Vedendo in loro quanto è fedele e saldo l’amore di Cristo, anche per noi si apre la speranza di una fedeltà possibile fino alla fine, perché il Signore è fedele e mai abbandona coloro che ha scelto. Anche a noi piacerebbe conservare nel cuore quel senso di stupore e di meraviglia che ti fa vivere la vita con gioia, che ti rende sempre capace di essere positivo, di non cadere nella lamentela e nel grigiore. Sentire di avere davanti dei confratelli che hanno attraversato anni di storia pieni di grandi eventi intraecclesiali (come non pensare a chi ha vissuto il Concilio Vaticano II) e anche di avvenimenti che hanno causato grandi cambiamenti nella società, in modo spesso traumatico e violento, e che mantengono ancora uno sguardo pieno di speranza e di coraggio sul mondo e sull’uomo, senza ignorare i problemi della società e della Chiesa, siano per noi un esempio di come un cuore che rimane ancorato nell’amore di Dio rimane giovane, rimane capace di nuovi slanci e di nuovi traguardi. Vorremmo concludere ricordando le parole che l’allora Arcivescovo Montini rivolse ai sacerdoti novelli dell’anno 1957, parole che più volte anche noi abbiamo incontrato, ascoltato e che ci hanno sempre colpito per la verità e la profondità:
O Signore,
da’ loro un cuore puro,
capace di amare Te solo
con la pienezza,
con la gioia,
con la profondità
che Tu solo puoi dare,
quando sei l’esclusivo,
il totale oggetto dell’amore di un cuore umano;
un cuore puro,
che non conosce il male,
se non per definirlo, combatterlo e fuggirlo;
un cuore puro,
come quello di un fanciullo,
capace di entusiasmarsi
e di trepidare […]
E poi, o Signore,
un cuore forte,
pronto e disposto a sostenere
ogni difficoltà,
ogni tentazione,
ogni debolezza,
ogni noia,
ogni stanchezza,
e che sappia con costanza,
con assiduità,
con eroismo
servire il ministero che Tu affidi a questi tuoi figli
fatti identici a Te.
Queste parole, che hanno segnato la vita di quei preti, vorremmo che segnassero anche la nostra vita, cosicché sia trasparente il fatto che abbiamo creduto all’amore di Dio; e perché da un cuore così plasmato dall’amore del Signore, diventiamo sempre più simili al Signore Gesù, così che anche in noi, chi ci vede, veda Cristo.
“Perché di questo ha bisogno il mondo:
di chi, per salvarli, come Cristo li ami”.