All’alba di domenica 10 dicembre è scomparso monsignor Antonio Riboldi, per tutti don Antonio, vescovo emerito di Acerra (Napoli). A darne l’annuncio la Curia di Acerra, dove è stato vescovo dal 1978 al 2000. Nato 94 anni a Tregasio di Triuggio (Monza e Brianza), è morto a Stresa, in Piemonte, presso la casa dei Rosminiani dove si trovava dalla scorsa estate.
I funerali saranno celebrati nella cattedrale di Acerra mercoledì 13 dicembre alle 15 e saranno presieduti dal vescovo monsignor Antonio Di Donna. Dopo una Messa martedì 12 dicembre nella casa dei Rosminiani a Stresa, la salma di monsignor Riboldi è attesa ad Acerra, dove sarà esposta alla venerazione dei fedeli nella cattedrale martedì 12 dalle 16 alle 21 e mercoledì 13 dalle 8.30 alle 12.30. Alle 19 di martedì il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli e presidente della Conferenza episcopale campana, presiederà un momento di preghiera in Duomo. Al termine delle esequie il vescovo emerito sarà sepolto nella cattedrale.
Nominato vescovo di Acerra il 25 gennaio 1978 dal beato papa Paolo VI, monsignor Antonio Riboldi, che apparteneva all’ordine dei rosminiani, fece il suo ingresso in diocesi il 9 aprile dello stesso anno, occupando una sede vacante da 12 anni.
Don Riboldi trovò una situazione non facile, dovendo ”rianimare la vita ecclesiale e sostenere l’intera comunità tra le problematiche di un momento che richiede la difesa della dignità della persona”. Ma le sue attenzioni si rivolsero soprattutto al contrasto alla camorra, tanto da essere messo sotto scorta.
Storica la marcia che negli anni ’80 portò migliaia di giovani ad Ottaviano, città del capo indiscusso della Nco, Raffaele Cutolo. «Meglio ammazzato che scappato dalla camorra», gli avrebbe detto sua madre quando le palesò i suoi timori.
«In quel momento – disse il presule in occasione dei suoi 90 anni celebrati nel 2013 nel Duomo di Acerra – mi sono sentito veramente di essere un vescovo, e ho capito cosa significava essere un prelato che deve amare la gente anche se non ricambiato, amare la Chiesa anche se non tutti ti capiscono».
Don Riboldi incontrò anche numerosi criminali in carcere, tra cui lo stesso Cutolo, e al presule sono attribuiti i pentimenti di alcuni ex camorristi. Nonostante la rinuncia all’esercizio episcopale per i limiti d’età raggiunti nel 1999, il vescovo emerito aveva scelto di restare ad Acerra, che gli ha conferito un paio di anni fa la cittadinanza onoraria, e continuava a celebrare Messa nella chiesa dell’Annunziata.
«I nostri contatti erano costanti – ha ricordato monsignor Antonio Di Donna, attuale vescovo di Acerra – e fino a quando le forze glielo hanno consentito ha celebrato spesso la Messa domenicale in cattedrale seguendo sempre con vivo interesse la vita della diocesi e chiamandomi personalmente nei momenti importanti di questa Chiesa locale».
Anche la vita diocesana riprende vigore grazie al carisma e all’impegno di monsignor Riboldi, e lo stesso presule spesso ricordava lo stupore che gli aveva confessato l’arcivescovo di Milano di fronte a tanta vitalità, nonostante le piccole dimensioni della diocesi.
Curioso e aperto alla modernità, Riboldi è stato uno dei primi vescovi a sbarcare su Internet nel 1997: fino a poco tempo fa le sue omelie arrivavano a migliaia di persone.
Lutto
La scomparsa di monsignor Riboldi
Nato in Brianza, è morto a 94 anni a Stresa. Prete sempre impegnato dalla parte degli ultimi, è stato vescovo di Acerra dal 1978 al 2000: i funerali nella cattedrale della città mercoledì 13 dicembre alle 15
Il cordoglio della Diocesi ambrosiana
Un ricordo grato per «l’incessante e fattiva testimonianza alla giustizia e alla misericordia di Dio» e la preghiera «perché questo figlio delle terre ambrosiane possa godere la gioia dell’incontro definitivo con il Signore che viene»: così si esprime l’Arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, unitamente ai Vescovi ausiliari e al Consiglio episcopale, in comunione di preghiera con il Presbiterio diocesano, nel messaggio di cordoglio diffuso per la morte di monsignor Riboldi. «Al Signore Gesù, che egli ha servito con fedeltà e coraggio - riconoscendolo specialmente nei poveri e negli oppressi - offrono il bene da lui compiuto», si legge nel messaggio.