Gen 29,31-30,2.22-23; Sal 118 (119); Pr 25,1.21-22; Mt 7,21-29
"Non chiunque mi dice: "Signore, Signore", entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. In quel giorno molti mi diranno: "Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi?". Ma allora io dichiarerò loro: "Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l‘iniquità!". (Mt 7,21-22a.22c-23)
Con frequenza, oggi come al tempo di Gesù, si pretende di ridurre la fede in Dio ad un ambito puramente religioso, separato dalle attività e responsabilità della vita quotidiana: è il mondo delle devozioni o dello straordinario e miracoloso. Gesù rifiuta con energia che queste siano le opere proprie della salvezza: “…non vi conosco!”.
“Stabilire il diritto e la giustizia”: è l’espressione usata dai profeti nella Bibbia per segnalare la condotta che Dio si aspetta dai credenti. Lo stesso Matteo porrà le opere concrete dell’amore al bisognoso, come criterio fondamentale per definire l’entrata nel Regno (Mt 25). Non tener conto di questo criterio evangelico è costruire sulla sabbia, senza solidità. Gesù ci propone costruire la casa della nostra vita sulla roccia, che non è altro che la sua Parola, la sua volontà, il suo Regno di vita, di giustizia e di pace.
Preghiamo
Odio chi ha il cuore diviso;
io invece amo la tua legge.
Tu sei mio rifugio e mio scudo:
spero nella tua parola.
(Salmo 118)